Parlano i Presidenti

2009-02-02 00:00:00

Uno dei momenti dell'incontro chiamato Dialogo sull'integrazione popolare della nostra America è stato dedicato all'ascolto di ciascuno dei Presidenti invitati. Di seguito un riassunto dei loro interventi.

Un cambiamento epocale

Il primo ad intervenire è stato Rafael Correa dell'Ecuador che ha iniziato affermando che questo atto è una conferma che siamo in mezzo a un cambiamento epocale nella nostra regione, e ha ricordato come solo dieci anni fa, in mezzo allo tsunami neoliberale, era impensabile qualcosa del genere. I governi che imponevano il Consenso di Washington sono caduti come castelli di carta, consenso ottenuto senza la presenza dell'America Latina e che ci ha portato a rafforzare la nostra dipendenza e a impoverire ancora di più i nostri popoli, ha spiegato.

Più avanti ha aggiunto: ma i popoli latinoamericani si stanno svegliando e noi, come presidenti, siamo solo il riflesso si questo risveglio. I movimenti sociali sono parte importante di questo processo che ha radici storici. Quest'anno 2009 celebriamo il bicentenario della nostra indipendenza dalla Spagna e dobbiamo proporci che sia anche l'anno della seconda e definitiva indipendenza.

Il presidente Correa ha ricordato come ci troviamo in mezzo a una crisi che è del sistema capitalista, per questo, è sistematica, il suo vero superamento è possibile solo con l'emergere di nuovi paradigmi. Ha argomentato così, perché si propone come nuovo paradigma il Socialismo del XXI secolo, che eredita molti elementi del socialismo tradizionale però rinnova tutto quello che storicamente è scaduto.

Ha citato le caratteristiche della nuova proposta socialista:

L'azione collettiva di fronte all'individualismo, all'egoismo e la concorrenza sfrenata. L'azione collettiva ha detto, ha diverse espressioni, una è comunitaria ma c'è anche una dimensione nella scala sociale e in questa è importante un adeguato ruolo dello stato nell'economia, senza cadere nello statalismo del socialismo tradizionale. Questo è importante per aiutare a tradurre l'azione collettiva in risultati concreti.

Riprendere il ruolo della pianificazione, intesa come progetti comuni, come visioni condivise che formano una sinergia nei paesi e tra i paesi.

Supremazia del lavoro umano sul capitale.

Importanza dei valori d'uso e non dei valori di cambio.

Uguaglianza sociale, espressa anche come uguaglianza generazionale, di genere e tra etnie.

Ora queste caratteristiche sono condivise nel significato generale con il socialismo tradizionale? In che cosa di differenzia questa proposta da quel socialismo? Si chiede al presidente, che risponde: non ci sono ricette, ne cammini unici, non è una proposta statica ne dogmatica, ma è la capacità di leggere i segni dei tempi e le lezioni della storia. Si basa sulla creazione di maggior benessere per tutti e in primo luogo per i più poveri. Rifiuta esplicitamente la violenza e soprattutto inizia a domandarsi sulla concezione di sviluppo del capitalismo, quello che non hanno fatto i processi socialisti nel XX secolo se ci impegnarono a competere con il capitalismo non nel creare una vera alternativa al concetto predatore del capitalismo. La proposta del socialismo del XXI secolo fa sua la concezione del buon vivere o del vivere bene, che ci arriva dalla tradizione dei nostri popoli originari e che significa vivere con dignità, in armonia con la natura e nel rispetto di tutte le culture.

Qui c'è dunque una vera proposta alternativa al sistema che sta crollando. Più avanti il Presidente Correa ha fatto cenno alla necessità di avanzare più decisamente all'integrazione latinoamericana come alternativa della regione si fronte a questa crisi globale. Portare i fondi dei nostri paesi alla regione anziché usarli per finanziare i paesi ricchi. Far funzionare il più presto possibile il Banco del Sud e arrivare fino a una moneta comune.

Ha citato come esempi positivi UNASUR - un meccanismo integrativo che non si rivolge solo al commercio ma che è orientata alla creazione di infrastrutture, programmi energetici, e altre forme di collaborazione - e al gruppo di Rio - rafforzato adesso con la presenza di Cuba e che deve mettere le basi per la Organizzazione degli Stati Latinoamericani, per dotarci di un meccanismo politico proprio delle regione, senza l'interferenza di potenze extraregionali, a differenza delle OEA che è rimasta priva di significato perché esclude Cuba e include altri paesi che non hanno interessi, storia e tradizioni comuni con le nostre.

Bisogna stare vigili, bisogna fare senza paura perché nonostante il neoliberalismo sia in crisi, cercheranno di mantenerlo in vita in qualche modo e proveranno a perpetuare la nostra dipendenza. Ha sentenziato alla fine il primo rappresentante ecuatoriano.

Il nuovo mondo è già possibile

Fernando Lugo, presidente del Paraguay ha proseguito lo scambio con i rappresentanti dei movimenti sociali, riuniti a Belem do Parà, sede del Social Forum Mondiale. Ha ricordato la sua partecipazione alle edizioni precedenti dell'evento, prima di arrivare alla presidenza del suo paese.

Ha assicurato che la sua visione di cambiamento profondo non si è modificata da allora ad oggi. Non si tratta di un cambiamento che si è generato nei centri del potere, ha affermato. Si è realizzato, pensando, discutendo "dalle radici dell'albero" citazione di una espressione popolare paraguayana.

I nostri governi progressisti sono convinti che i movimenti popolari sono il supporto dei cambiamenti nella regione. Queste lotte sono quelle che hanno trasformato l'America. In Paraguay crediamo in questa America Latina diversa e che il nostro paese recupererà la sua dignità. Vogliamo essere trattati alla pari. Ha detto che non si stancherà fino a quando questo non si realizzerà.

Questo periodo richiede uno sforzo creativo per costruire una società più giusta. Ma Lugo non solo sogna come migliorare la regione latinoamericana ma anche il nord. Non basta la decisione del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America sul Centro di detenzione a Guantanamo. Quel territorio appartiene a Cuba e deve essere restituito al suo popolo, ha puntualizzato.

L'integrazione latinoamericana è stata altra cosa, ha parlato di altri aspetti, nel suo intervento di circa 20 minuti. Perché l'integrazione sia genuina deve arrivare dal basso, da qui l'urgenza di democratizzare ancora di più le nostre società per farle diventare scenari si partecipazione popolare.

Più che avere pazienza, l'appello del Presidente Lugo agli attivisti che partecipano al Social Forum Mondiale, è quello di spazientirsi e far crollare tanti muri e limiti e costruire con maggiore velocità umana e cristiana il mondo migliore che tutti noi meritiamo e che già sta diventando realtà.

Voglio essere convocato:

Proprio come quello che è in realtà - un vecchio compagno di lotte, - ha parlato poi ai partecipanti del Dialogo sull'integrazione popolare della nostra America Evo Morales. Ha chiesto che non venga considerato un invitato ma che lo convochino sempre per continuare a discutere e condividere le lotte che ancora ci sono da fare. Ha ricordato la tappa dei movimenti sociali di Ecuador e Bolivia, quando c'era la competizione per vedere chi faceva crollare più governi neoliberali, e ha menzionato la tappa che oggi si vive in tutti e due i paesi per indicare che "se siamo Presidenti, lo dobbiamo a voi". "Qui ci sono i miei maestri nella lotta sociale".

Più avanti nel discorso, ha segnalato come in Bolivia sono i movimenti sociali quelli che stanno garantendo le trasformazioni e ha messo in risalto il trionfo del popoli boliviano nell'approvazione della nuova costituzione istituisce giuridicamente i diritti per quelli che hanno lottato per molto tempo e crea le condizioni per continuare con i cambiamenti necessari. Questa costituzione che l'oligarchia nazionale ha tentato di bloccare, per questo sono ricorsi a tutti gli espedienti possibili, ma sono stati sconfitti. In questa lotta compaiono nuovi interrogativi, ha denunciato anche il ruolo antipopolare della gerarchia cattolica boliviana e ha affermato nonostante questo, crede che anche un'altra chiesa è possibile, frase che ha scatenato un forte applauso tra i partecipanti.

Ha detto che la nuova costituzione in Bolivia stabilisce come diritti umani i servizi di base come l'acqua, la salute e l'educazione, per questo non potranno mai essere privatizzati. Ha fatto presente anche il principio costituzionale che vieta la presenza di basi militari straniere nel territorio boliviano.

Abbiamo responsabilità sulla vita, la giustizia, la sovranità e sul pianeta terra, per far fronte a queste responsabilità dobbiamo fare molti cambiamenti, ma se vogliamo cambiare il mondo, prima di tutto dobbiamo cambiare noi stessi, liberarci dall'egoismo, dalle ambizioni, pensare prima di tutto all'umanità.

Ha ricordato la frase zapatista, comandare obbedendo e ha detto che è quello che facciamo in Bolivia, compiere il mandato del popolo.

Ha terminato il suo intervento dicendo che potranno essere errori ma non tradimenti. Ha ripetuto "non dimenticatevi di me, sempre e comunque".

Agli ordini dei movimenti sociali

La differenza delle lotte in America Latina potrebbe essere spiegata da chi è arrivato al potere nell'ultimo decennio per via elettorale. Hugo Chavez, presidente del Venezuela ha inaugurato la nuoca epoca dei governi latinoamericani. Dieci anni fa era impensabile una riunione tra quattro presidenti della regione e i suoi movimenti sociali. Era ancora lontana la possibilità che un indigeno, un soldato, un prete, e un economista laureato all'Università di Chicago, nella nazione del capitalismo mondiale, guidassero un governo nazionale.

Adesso non solo Chavez, Lugo, Evo e Correa sono invitati, convocati per uno scambio al FSM, ma esprimono la loro disponibilità a servire le cause che animano la speranza di un'altra America par i latinoamericani.

Chavez nel suo intervento ha ricordato le sue origini comuni: siamo conseguenza delle lotte popolari che hanno dato vita a questi presidenti. Ha ripercorso il tempo trascorso dalla prima edizione del FSM, nel 2001. Allora il Venezuela si trovava nel mezzo di una rivoluzione bolivariana e sentiva il sostegno dei movimenti sociali che nel 2006 arrivarono a Caracas.

Le crisi economiche e ambientali non sono altro che le conseguenze del sistema capitalista che distrugge le nostre società. Il cammino da seguire è quello del socialismo, ha detto Chavez. Ha parlato di alcuni indicatori che hanno dimostrato che la qualità della vita dei venezuelani è migliorata, come l'indice di mortalità infantile che è sceso da 21 a 14 per ogni mille nati vivi e la dichiarazione del territorio libero dall'analfabetismo, come Cuba e Bolivia.

Il presidente bolivariano ha fatto gli auguri alla Rivoluzione cubana, nel cinquantesimo anniversario del suo trionfo e al suo leader Fidel Castro, che ha chiamato il padre di tutti noi, qualcuno di importante per i suoi insegnamenti nella lotta della vita. Ha anche ricordato la visita di Fidel nel febbraio del 1999 al suo insediamento e ha ripreso alcune delle sue idee sulla globalizzazione neoliberale e le sue nefaste conseguenze per i nostri popoli, una previsione della crisi mondiale attuale.

Si è riferito ai progetti di integrazione che prendono forza nella regione, come l'ALBA, un'alleanza strategica per affrontare l'ALCA, così come il Trattato di Libero Commercio dei Popoli, un'iniziativa di Evo, che contrasterà i Trattati di Libero Commercio (TLC/Nafta) che gli Statu Uniti d'America hanno imposto in vati paesi latinoamericani. Tutte queste alternative continuano a crescere con nuove adesioni e nuove proposte.

Chavez ha salutato in particolare le donne e ha riconosciuto la loro importanza nei processi di emancipazione latinoamericani. E' andato via congratulandosi con tutti i movimenti sociali per tutto quello che fanno perché questo mondo possibile e necessario sta già nascendo in America Latina. Ora è tempo di dargli tutte le cure come a un bambino perché cresca e si moltiplichi.

Traduzione di Elvira Corona